VOLARE COME PETER PAN

Da tempo vi volevo raccontare questo episodio, e siccome questa mattina c'é un vento spaventoso, e non c'é modo di andare a volare (neppure scroccando una vela per un giretto visto che sono momentaneamente senza), eccomi al computer.
Col paramotore a volte capita di fare voli in condizioni particolari, come quella mattina di luglio, in cui l'umidità elevatissima dell'aria generò delle sranissime nubi sottili, a circa 500 metri di quota, una sorta di nebbia a mezz'aria. Era la seconda volta che il fenomeno si presentava, la prima non ero preparato, ma quella volta sì. Queste nubi si formavano la mattina prima dell'alba per poi dissolversi rapidamente con l'irraggiamento solare, lasciando il posto ad una spessa foschia che durava quasi tutta la mattinata, diradandosi nel pomeriggio, quando la temperatura saliva a quasi 40° e si instaurava un fastidioso e turbolento vento da Est che ci costringeva a volare solamente la mattina presto.
Quella domenica mattina all'alba, in un prato dietro casa, eravamo solamente in due. Aiutai il mio amico Ivan a partire e poi, preparatomi precipitosamente, decollai a mia volta e cominciai subito a fare quota. Il motore cantava, la quota aumentò, e presto superai il mio compagno di volo, lasciandolo a scorrazzare un centinaio di metri sulla campagna.
Ora, quando si fa quota in pianura, per i primi metri si sale velocemente, l'orizzonte si allarga e la prospettiva cambia rapidamente. Ma dopo i primi, diciamo, 200 metri, sembra di non salire affatto, e di impiegare una vita a guadagnare un pò di quota, anche se in realtà il rateo di salita é sempre lo stesso. E' l'effetto dell'altezza, che contemporaneamente dà l'impressione di essere fermi.
Sicché quella mattina salivo e salivo ma non con la rapidità che avrei voluto, e contemporaneamente vedevo le nubi diradarsi sopra di me. Aumentai quindi ancora i giri, fino all'80% della potenza, che rappresenta il massimo sostenibile in permanenza dal mio motore (Top80). Decisi di non rimanere in zona ma di spostarmi verso Est, alla caccia di nubi che intravedevo tra i raggi del sole. Solo che le nubi ingannano, sembrano lì e invece sono altissime, e non si riesce mai a raggiungerle. Ma quella volta non mollai, sapevo che era una occasione rara (condense così basse non capitano spesso), e mantenni impietosamente la manetta premuta, cercando di capire dove fosse meglio dirigermi. Quei cumuletti verso Est si rivelarono più lontani, alti e inconsistenti di quanto sembrassero, perciò puntai le colline a Sud dove torreggiavano condense più organizzate. Ora il divario di quota si era notevolmente ridotto, e cominciai di nuovo a percepire la mia velocità orizzontale e verticale, in relazione alle nubi stesse. Avvicinandomi potei vedere meglio di che si trattava: dietro una nebbiolina di barbule incoerenti si dispiegava un tappeto di soffici nuvolette organizzate a strato, morbide e invitanti, che biancheggiavano al sole. Salii in ampie spirali fino a superarle in altezza, e mi avvicinai decidendo di rimanere sul bordo della condensa per non perdere i riferimenti col suolo.
Che spettacolo ragazzi! Ora mi sembrava di filare come un razzo, le nuvolette scorrevano rapide a fianco e sotto di me e potevo vedere la mia ombra baluginare sulla superficie irregolare dei cumuli. Scelsi una nube particolarmente sottile, spensi il motore e planai sulla sua evanescente superficie, che dall'alto sembra compatta ma avvicinandoti ti sfuma intorno e sembra accoglierti in una inconsistente nebbiolina, e mi ci tuffai a capofitto con dei wingover, assaporando la fresca umidità che mi sferzava la faccia e l'inconfondibile odore acquoso.
La condensa svanì e in breve fui sotto, e vidi il bianco strato allontanarsi sopra di me. Finalmente ce l'avevo fatta a giocare con una nuvola! Una innocua e tranquilla nuvoletta, non un minaccioso cumulo di origine convettiva di quelli che si incontrano in volo libero e dai quali bisogna stare alla larga...
Ora mi aspettava una lunga planata. Potevo vedere la vela gialla del mio amico ormai bassa che impostava l'atterraggio. Potevo scegliere tra una placida planata al minimo tasso di caduta, o qualche numero da circo con la vela sotto i piedi. In preda ad una incontenibile euforia e con l'illusione di essere Peter Pan ormai perfetta, mi prodigai quindi, previo giro di freni sulle mani, in spettacolari wingover e spirali mozzafiato, pendolate e non so bene che cosa, con i cordini che fischiavano, le cinghie dell'imbrago che scricchiolavano e la vela che ululava pietà...
Atterrai con il battito cardiaco su livelli poco ortodossi per un padre di famiglia, ma felice come non mai. Ivan non capì cosa ci trovassi di tanto entusiasmante in una fosca e calda mattinata come quella..
Davide Tamagnini

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