GLI ATTACCHI BASSI BASCULANTI

(Da Delta & Parapendio n. 165, aprile 2006)

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Per fortuna ne é passata di acqua sotto i ponti da quando si volava in paramotore senza distanziali. Ora i sistemi inventati ed applicati in varie forme per rendere il volo più sicuro e confortevole sono numerosi. Il mercato e l'esperienza hanno selezionato questi metodi ed oramai si trovano in vendita solamente due grandi famiglie di attacchi: alti con distanziali fissi e bassi con distanziali basculanti. La differenza filosofica e pratica delle due tipologie é sostanziale, esse lavorano in maniera differente e l'interazione con l'ala ed il pilota é praticamente opposta.
Le scelte storiche dei costruttori italiani hanno fatto sì che nel nostro paese i basculanti rimanessero pressoché sconosciuti, anche se la tendenza mondiale sembra andare proprio in questa direzione piuttosto che nell'altra.
Ritengo  quindi che possa interessare ai lettori di D&P come funzionano e quali vantaggi/svantaggi presentino questo tipo di telai.

E' stato forse lo spagnolo Pierre Aubert (PAP) ad introdurre per primo 'su scala industriale' gli attacchi bassi basculanti. La sua considerazione era semplice: non é il pilota che vola, ma la vela, e se quest'ultima é stata progettata per poter scaricare le tensioni sul pettorale, bisogna fare in modo che questo non sia bloccato nei movimenti, ma libero di muoversi. Volare con i distanziali fissi infatti, é grosso modo l'equivalente di volare con i vecchi incroci applicati alle sellette da volo libero.
Tuttavia la questione non é così semplice da mettere in pratica nel paramotore. Con quest'ultimo infatti si ha a che fare con una seconda massa sospesa, il telaio appunto, mentre nel volo libero c'é il solo pilota ad interagire con l'ala. Oltre a questo si aggiunga la spinta del propulsore, che deve essere convenientemente gestita, la coppia generata dall'elica, e si capisce quanto il quadro possa essere complesso. Per risolvere il problema Pierre, insieme agli altri pionieri della disciplina, ha creato un sistema a bilancere, dove la tavoletta della seduta ed il telaio del paramotore si infulcrano su di un paio di barre che lavorano a sbalzo, a flessione, e non in compressione come i distanziali tradizionali. Queste a loro volta basculano sui moschettoni, o meglio sul perno del grillo che si collega ai moschettoni.

       

Basta osservare le figure qui sopra per rendersi conto delle principali differenze: con gli attacchi alti si vola appesi rigidamente ai moschettoni, che si trovano molto in alto, ed é su questi ultimi che c'é l'unico fulcro libero su cui il sistema può in parte ruotare, in equilibrio per effetto pendolo. L'asse di spinta, per quanto più elevato rispetto al pilota, é molto più in basso dell'asse dei moschettoni e ciò ha come conseguenza che sotto motore il telaio cabra un poco. Ciò é controproducente: proprio nel momento in cui ci sarebbe bisogno del massimo carico possibile per limitare la cabrata durante il transitorio, ecco che il peso del pilota + motore é in parte contrastato da una componente della spinta. Con gli attacchi bassi invece, accade esattamente il contrario.

(fig. 3)


In pratica si ha a che fare con due fulcri che condizionano le reazioni del meccanismo sottoposto alla spinta dell'elica: quello primario é sui distanziali dove si aggancia la fettuccia dei moschettoni principali (f1 in figura 3), ed é regolabile; l'altro é lo snodo dei distanziali stessi sul telaio (f2 in figura 3). L'asse f2 non é completamente libero di muoversi, ma é condizionato dalla presenza della schiena del pilota, che vi si appoggia, funzionando un po' da ammortizzatore. Come si vede l'asse di trazione é un poco più alto dei due fulcri, e quando il propulsore é in funzione si ha un momento picchiante. Infatti l'effetto della spinta ha conseguenze dirette sull'assetto dell'insieme, che deve essere progettato e regolato di modo che: in volo livellato, l'asse dell'elica sia all'incirca verticale, neutro; in salita, l'asse di spinta sia leggermente rivolto verso il basso, per aumentare un poco il carico sulla vela e diminuire l'effetto cabrante in accelerazione, migliorando la stabilità e le prestazioni in salita; in discesa e col motore al minimo, il pilota si inclina all'indietro, agevolando la comodità ed il controllo in termica. Tutto ciò entro certi limiti, ovviamente. Trovare il giusto compromesso tra mobilità e stabilità é la prima preoccupazione di ogni costruttore, sia per quanto riguarda il beccheggio che il rollio. Ciò viene determinato giocando sulle geometrie del telaio, dei cinghiaggi dell'imbrago e sulla distribuzione delle masse. La coppia di rovesciamento generata dall'elica é in parte smorzata dal basculamento stesso del sistema. Per ovviare ulteriormente al problema, il distanziale interno é disassato di qualche centimetro.

Come si può vedere i vantaggi di questa soluzione sono: innanzitutto un sistema 'vivo', di pilotaggio attivo simile al volo libero. Gli spostamenti del peso del pilota inducono effetti evidenti sulle bretelle e sul carico applicato all'ala. La vela 'respira' e trasmette i movimenti al pilota. Un ulteriore vantaggio si presenta in gonfiaggio, quando con le bretelle ad altezza normale risulta molto più facile fare leva sugli elevatori, e in tutti i casi in cui si debba raggiungere comodamente i cordini in volo, ad esempio per fare le orecchie. Finiti tutti i problemi, inoltre, di differenza di regolazione dei freni dal volo libero a quello motorizzato.
Gli svantaggi sono invece: un sistema certamente più complesso e difficile da mettere a punto e regolare (soprattutto per i costruttori!); una maggiore sensibilità alle turbolenze, che può diminuire il comfort in condizioni difficili (ma aumentare le possibilità di controllo); una maggiore attenzione richiesta al pilota specialmente in decollo e in tutte le fasi del volo, riguardo a tutto ciò che fa con il corpo per non modificare eccessivamente l'assetto del paramotore e in merito alle maniglie dei freni, da non lasciare svolazzare con noncuranza perché non possano arrivare pericolosamente vicino alla rete di protezione ed all'elica. Insomma non é un sistema a prova di pollo...

Ma ecco alcuni consigli pratici quando si ha a che fare per la prima volta con uno di questi telai.

Dovrete prima di tutto regolare la lunghezza degli spallacci e della fibbia che li unisce, di modo che vi consentano una comoda posizione eretta senza tirare troppo e senza risultare eccessivamente laschi. Anche i cosciali devono risultare leggermente tesi, stando in piedi, senza tuttavia ostacolare in alcun modo la corsa. Regolerete poi il pettorale, tirandolo fino a quando i distanziali non saranno perfettamente paralleli; se lo lasciate troppo lasco, in volo lo snodo dei distanziali stessi sarà sforzato ad aprirsi, con conseguenti seri danni. Il margine di regolazione del pettorale é perciò piuttosto limitato, e dovrà tassativamente essere compreso fra due valori (in teoria indicati dal costruttore) che consentano ai bilanceri di lavorare nei loro limiti di tolleranza. Il mio consiglio é comunque quello di tenere le due barre il più possibile parallele, e di bloccare poi la regolazione della fettuccia con nastro adesivo. E' senz'altro necessario quindi, prima di andare in volo, appendersi ad un supporto per una prima regolazione di massima del vostro PRM. L'aggancio dei moschettoni principali sui distanziali, che avviene tramite apposito grillo in acciaio e relative sicurezze, deve essere regolato in modo che, seduti correttamente nell'imbrago, a motore spento, l'asse di spinta risulti leggermente inclinato all'indietro. Se risulta eccessivamente inclinato, dovrete arretrare il punto d'aggancio, se troppo verticale o picchiato, dovrete avanzarlo negli appositi fori. Naturalmente questa regolazione sarà poi da verificare attentamente in volo.
I cosciali da seduti dovranno risultare leggermente laschi. Tuttavia se l'imbrago é dotato di sistema stabilizzante sullo stile delle sellette 'Advance', con i cosciali che divergono ai lati del pettorale, questi si possono tirare maggiormente una volta in volo per avere, se del caso, una maggiore stabilità in condizioni di turbolenza (pregiudicando però il pilotaggio attivo). Provate anche ad entrare e uscire dall'imbrago, appesi al trespolo, passando dalla posizione eretta a quella seduta e viceversa senza aiutarvi con le mani. Sulla parte anteriore della tavoletta, c'é la regolazione dell'altezza e inclinazione della seduta, da farsi in modo
simmetrico tramite le due apposite fettucce, che dovrete tirare fino a quando non sarete perfettamente comodi e rilassati nell'imbrago, ma liberi di muovervi e di scivolare avanti e indietro per facilitare decollo e atterraggio. Stessa cosa dicasi per le due cinghie sui fianchi, se presenti.

Per quanto riguarda il volo vero e proprio:
Subito dopo il decollo, non dovrete neanche sognarvi di lasciare i freni per sedervi nell'imbrago. A causa infatti della posizione degli elevatori, e soprattutto quando non siete ancora correttamente seduti, le maniglie nella migliore delle ipotesi si appoggeranno alla rete di protezione. Nella peggiore la scavalcheranno o passeranno attraverso le maglie, con le conseguenze facilmente immaginabili. Quindi, se proprio non riuscite a sedervi senza aiutarvi con le mani (ma se l'imbrago é correttamente regolato con un minimo di abitudine riuscirete benissimo), allora passate il freno sinistro nella mano destra o agganciatelo alla sua clip, quindi usate la
mano libera per spingere la tavoletta sotto al sedere. Stessa accortezza durante tutto il volo, se per qualsiasi motivo lasciate i freni. Come già detto, dovrete prestare attenzione anche ai movimenti del corpo per mantenere l'asse di spinta all'incirca orizzontale, pena la perdita di efficienza. Anzi potrete sfruttare questa caratteristica, ad esempio allungando le gambe per avere più carico quando cercate la velocità. Vi accorgerete di come la selletta dialoga correttamente con la vela, nel volo in termica o comunque in turbolenza risulta facile restare morbidi nell'imbrago assecondando i movimenti dell'ala, come con una selletta tradizionale da volo libero. In virata si può accompagnare col peso, ed é piacevole ritrovare certe sensazioni che, forse, avevamo dimenticato.

A chi consiglio gli attacchi bassi basculanti? Senz'altro a tutti quei piloti che, provenendo dal volo libero, vogliono conservare uno stile di pilotaggio attivo. E a tutti quelli più ambiziosi e preparati.
Sento invece di poterli sconsigliare alle persone più timide e soprattutto a coloro che sono molto distratti...

Davide Tamagnini

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