LA VITA E LE OPERE

Estratto dal libro "Alessandro Volta, Como e il Lario nel Bicentenario dell’Invenzione della Pila 1799-1999" di Umberto Ferdinando Molteni, edito dalla Università Terza Età "A. Volta" di Como - 1999
 
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1745
Alessandro Volta nasce nel 1745, a Como, da Donna Maddalena dei Conti Inzaghi e don Filippo Maria. Dall’albero genealogico steso da Giovanni Gemelli, dopo minuziose ricerche negli Archivi di Stato e pubblicato nel 1899, risulta che Alessandro ha avuto quattro fratelli e quattro sorelle, mentre altri studiosi citano solo tre fratelli e tre sorelle.

1749
Lo sviluppo intellettuale in lui è tardo (come in San Tomaso D'Aquino): si sospetta perfino che sia muto. Egli ha già quattro anni quando, obbligato a far qualcosa contro il suo desiderio, esclama con voce chiara e sonora - "NO" -. Quel dispettoso monosillabo è per la buona madre una consolazione vivissima che le attenua l'angoscia in cui ella si trova, e quel NO viene accolto dalla famiglia come un lieto augurio, una buona notizia ormai non più sperata. Solo dopo i sette anni il difetto cessa completamente e, con gran sollievo, l'impressione di un'infanzia che si era presentata tanto priva di promesse viene del tutto sopraffatta dallo sbocciare di un’acuta intelligenza che desta stupore.

1758
A tredici anni apprende da solo il francese. Il non poter comprendere gli scritti in quella lingua, era per lui una sofferenza.
Un regolare corso di studi, eccezione per le classi inferiori, non lo seguì. Studia in casa da solo.
Terminati i corsi di filosofia continua la propria istruzione da autodidatta. Senza avere compiuto studi universitari, si erudisce nelle dottrine linguistiche, fisiche e di scienze naturali, diventando uomo di profonda cultura. Conosce bene l'Italiano, il latino ed il francese, parla il tedesco e l'inglese, conosce lo spagnolo, l'olandese, il russo ed il greco antico. Dedica la maggior parte del suo tempo allo studio e alla sperimentazione.

1763
Giovanissimo, pur non avendo ancora fatto alcun esperimento, è convinto che molti dei fenomeni elettrici si possano riferire alle leggi dell'attrazione newtoniana. Scrive, nel 1763 a tal proposito all'abate francese Jean-Antoine Nollet, uno dei maggiori fisici del tempo.
Alla precoce età di anni diciotto, ha già profondi pensieri ed intuizioni. Con pochi studi in materia elettrica, senza risorse finanziarie, l’amico Giulio Cesare Gattoni, uomo di agiate fortune, dotto e amico dei dotti, gli fornisce preziosi consigli, strumenti e libri, mette a sua disposizione il proprio gabinetto di fisica allestito nella Torre di Porta Nuova, oggi Torre Gattoni.

1769
Volta pubblica il 18 aprile 1769, all’età di 24 anni, la sua prima Memoria: "De vi attractiva ignis electrici, ac phænomenis inde pendentibus" diretta al Padre Giovanni Battista Beccaria di Mondovì (Scolopio), professore all’ Università di Torino.
Fa esperimenti nella propria abitazione con nastri di seta, pezzi di zolfo, resine, assicelli di legno fritti nell’olio, i quali diventano in tal modo idioelettrici, ossia, elettrizzabili per strofinamento.

1771
Nel 1771 Volta notifica (in breve curriculum) di avere scoperto che tutti i corpi non metallici divengono non-conduttori ed idioelettrici se abbrustoliti, e di averlo dimostrato nella Memoria "Novus ac simplicissimus electricorum tentaminum apparatus, seu de corporibus eteroelectricis, quae fiunt idioelectrica experimenta atque observationes"

1774
Il 22 ottobre 1774, Volta entra negli impieghi scolastici come sopraintendente o reggente alle Regie Scuole di Como, durante il quale ufficio suggerisce al Magistrato degli studi opportune riforme nei metodi d’insegnamento.
Volta aveva veramente la vocazione del docente e fin dai primi anni della sua attività didascalica nel Ginnasio di Como, egli mostra attitudini e qualità rarissime.

1775
Volta, nel rifare le esperienze di Aepinus e di altri fisici su l’elettricità vindice, studia attentamente il fenomeno del nastro di seta elettrizzato che si accosta ad una piastra di metallo ben isolata. Col riflettervi a fondo arriva, nel 1775, all’invenzione dell’Elettroforo perpetuo, un congegno che somministra grande quantità di scintille, prima che perda la sua forza e si debba ricaricare.
Man mano che si divulgano gli scritti di Volta sulle sue ricerche nel campo della fisica, cresce la sua fama.

1776
Il 3 novembre 1776 Alessandro Volta, ospite di amici sul Lago Maggiore ad Angera mentre pescava, presso la riva del lago in un canneto dal basso fondale melmoso scopre l’Aria Infiammabile Nativa delle Paludi, l’attuale gas metano.
La scoperta di Alessandro Volta concorre singolarmente, all’inizio della grande rivoluzione della scienza chimica, al completamento delle conoscenze sui corpi aeriformi, ovvero sui gas.
Sospetta che tale aria derivi da sostanze vegetali ed animali in decomposizione. Il suo sospetto è realtà.
Scrive al Padre Campi: "Io sostengo che gli olii più puri ne’ lo spirito del vino purissimo pareggiano nella potenza e facilità d’avvampare la nostra aria infiammabile.
Nello stesso anno sostituisce il metano all’olio delle lucerne. Nasce così la Lampada Perpetua, più comunemente chiamata Lampada di Volta, che trova particolare diffusione in Germania. Volta acquista così il titolo di precursore dell’illuminazione a gas.

1777
Nel 1777 inventa la Pistola Elettrica o Pistola "elettrico-flogo-pneumatica", costituita da una pistola comune caricata con "aria tonante" fatta esplodere per mezzo della scintilla dell’Elettroforo. Volta con l’invenzione della Pistola può considerarsi anche il precursore del motore a scoppio, e non solo.
L’invenzione dell’Eudiometro avviene sempre nel 1777. Volta mette alla prova l’aria infiammabile, e fa un Eudiometro che segna fino a due millesimi di ossigeno. Impiega due anni per perfezionarlo,.
Louis Gay-Lussac e Alexander von Humboldt ne fanno il confronto con altri eudiometri e dopo l’esame più scrupoloso dichiarano, ed è nell’anno 1805, che l’Eudiometro di Volta supera ogni altro in esattezza. É ingiuria, riflette Arago, dubitarne.
Volta viaggia molto in Europa ed incontra quasi tutti gli scienziati di quell’epoca. Si reca in Svizzera. A Ferney fa conoscenza con il grande Voltaire.
Il 24 ottobre 1777, Volta passando per Aiguebelle nota dei contadini che raccolgono nei campi le patate, tuberi a lui sconosciuti; ritornato a Como li porta nei possedimenti di Camnago e Lazzate e coadiuvato da Donna Teresa Ciceri si adopera per diffonderne la coltivazione nel Comasco.
Il 20 novembre 1778, Wenzel Kaunitz, principe di Rietberg, fa sapere a Volta, che la Real Casa ed il Governo hanno deciso di assegnargli la Cattedra di Fisica Sperimentale di Pavia.

1780
L’invenzione del Condensatore (1780) il cui nome originale è dato da Volta, si deve attribuire a Volta stesso, non tanto perché non fossero in uso strumenti simili (bottiglia di Leida, quadro di Franklin), quanto per l’originalità della sua proposta e per aver egli stesso completamente spiegato la teoria.
Nel 1780 Alessandro Volta decide una breve visita in Toscana in seguito alla sua scoperta dell’aria infiammabile perché a conoscenza dei "campi igniti" di Pietramala, sul colmo della strada fra Bologna e Firenze, terreni nei quali da fessure nel suolo esce gas infiammabile che acceso produce "forte calore".
L’Elettrometria di Volta ha inizio nel 1780 con l’invenzione dell’Elettrometro.Il primo strumento, che per le sue cure ed attenzioni diventa un vero e proprio strumento di misura, è l’Elettrometro a Quadrante dell’Henley. Questo strumento, così com’era costruito, atto a dare solo indicazioni di massima, si trasforma nelle sue mani in uno strumento di misura le cui indicazioni sono comparabili, per esempio, a quelle del termometro e dell’igrometro.
Altri strumenti che formano oggetto delle sue cure, sono gli Elettroscopi di Tiberio Cavallo, già modificati dal Saussure. Volta completa lo strumento con opportune armature metalliche, onde evitare gli inconvenienti che si manifestavano sostituisce ai fili delle pagliette di dimensioni diverse e ben determinate e dispone ad arco una scala graduata in gradi per misurare la progressiva divergenza che presentano le pagliuzze quando l’estremità dell’asticciola che le sostiene sia stata posta a contatto con un corpo elettrizzato.
Per la misura poi di piccole quantità di elettricità, Volta accoppia all’Elettrometro a Pagliette un Condensatore e con ciò lo strumento acquista una sensibilità cento volte maggiore, senza nulla perdere nei riguardi della comparabilità delle indicazioni che può fornire.
Venuto così in possesso di strumenti di misura comparabili e di tanta sensibilità, Volta si dedica con appassionata tenacia alle misure elettriche usando, insieme alla semplicità dei mezzi, una finezza del tutto particolare ed una insuperabile acutezza nella valutazione delle diverse condizioni di esperienza.
Questi studi, così ampi e complessi, gettano le basi della Elettrometria, della quale a ragione Volta si deve considerare il fondatore.

Nel 1773, poi dal 1780 al 1790 si occupa di Meteorologia Elettrica. Di notevole interesse sono gli studi riguardanti la formazione della grandine nei temporali.
Nel frattempo Luigi Galvani, professore di anatomia all'Università di Bologna, crede scoprire un nuovo tipo di elettricità, chiamata dal suo nome Galvaniana e da lui denominata elettricità animale. É il caso che lo conduce a tale scoperta. Una sera del 1780, secondo la tradizione, nel laboratorio della modesta casa di Bologna, la moglie Lucia osserva che una delle numerose rane, già sottoposte a opportuna preparazione anatomica, appoggiate casualmente su una tavoletta di legno che sosteneva una macchina elettrostatica, ha una viva contrazione alle membra inferiori allorché un assistente tocca incidentalmente un nervo della zampa con la punta di uno scalpello. Stupita, crede di riconoscere che le contrazioni avvenivano nell’istante preciso in cui si traevano scintille dalla macchina elettrica abbastanza vicina.
Galvani, chiamato dalla moglie, osserva attentamente il fenomeno. Egli pensa che sia una proprietà dei muscoli e dei nervi. Ripetendo gli esperimenti giunge alla conclusione che a produrre le contrazioni è un fluido particolare degli animali e di natura elettrica, fluido chiamato dai fisici elettrogalvanico. Si ipotizza ad una elettricità propria degli animali, un fenomeno fisiologico e non fisico.
L’effetto a distanza delle scariche di una macchina elettrostatica sui muscoli e sui nervi di rane è la prima rivelazione della telegrafia senza fili. Lo scalpello aveva la funzione di antenna ricevente.

1781
Nel 1781, verso la fine dell'anno, Volta intraprende un lungo viaggio che lo porta attraverso le più belle città della Germania, dell'Olanda, della Francia, dell'Inghilterra e del Belgio.

1782
Il 10 febbraio 1782, a Parigi, pranza in compagnia di Franklin, Buffon, Le Sage, Le Roy, Lavoisier.

1782
Il 23 aprile 1782 si avvia verso l’Inghilterra. Questo viaggio oltre che essere un viaggio di studio, finanziato come i precedenti dall'Austria, deve servire a procurare al più presto all'Università di Pavia le macchine già ordinate a Londra e a Parigi. Visita Birmingham, Manchester, Northwich, Portsmouth, Oxford.
Il 14 marzo del 1782 nell'aula Magna della Royal Society di Londra legge la sua Memoria "Del Condensatore, ossia del modo di rendere sensibilissima la più debole elettricità sia naturale sia artificiale".
La medesima Società dodici anni dopo lo annovera tra i suoi membri e gli offre una medaglia d'oro, sulla quale si legge la più grande delle lodi "Dignissimo - e sotto - Alex Volta MDCCXCIV".

1784
Terminato l'anno Accademico, durante l'estate del 1784, Volta accompagnato da Antonio Scarpa, professore di anatomia, passando per Brixen (Bressanone) visita l'Austria, la Germania e la Cecoslovacchia. A Vienna vengono ricevuti dall’imperatore Giuseppe II.

1785
Tornato in patria Volta viene eletto dagli studenti, secondo la pratica Rettore dell'Università di Pavia, per l'anno accademico 1785 - 1786 succedendo nella carica al valente anatomico Jacopo Rezia. Giuseppe II gli procura i mezzi per apportare miglioramenti all'Ateneo.
Luigi Galvani prosegue le sue ricerche sull’ipotetica elettricità animale. Una sera, nel settembre del 1786, esegue esperienze all’aperto durante un furioso temporale. Alla balaustra di ferro della sua terrazza sospende alcune rane agganciate con un uncino di ferro al midollo spinale. Vede che le contrazioni avvengono indipendentemente dai lampi, alla semplice pressione del dito sull’uncino. Il fatto lo induce ad escludere l’intervento dell’elettricità atmosferica, bensì a supporre una particolare proprietà del sistema costituito dal conduttore di ferro - uncino e balaustra - cui sono congiunti i nervi lombari ed i muscoli delle cosce.
Galvani ammette per il fenomeno due spiegazioni, e cioè: origine dell’elettricità dal corpo dell’animale, oppure dal metallo. Adotta poi la teoria di una elettricità animale. Ritiene che sia l’arco metallico a scaricare l’elettricità animale con il conseguente effetto delle contrazioni. Ha anche la geniale intuizione che nell’arco conduttore passa un fluido elettrico, simile ma non identico a quello già conosciuto e ammette un "torrente elettrico" poi detta "corrente elettrica". In sostanza egli paragona la rana a una bottiglia di Leida che si scarica attraverso l’arco metallico

Nel 1791, dopo undici anni di ricerche sull’elettricità animale, Galvani decide finalmente di pubblicare i risultati ottenuti, che fino ad allora erano noti soltanto nel ristretto ambiente universitario bolognese, in un saggio nei Commentarii dell’Accademia delle Scienze di Bologna; è pubblicata nel 1792, il "De viribus electricitatis in motu musculari commentarius" ossia "Commentario delle forze delle elettricità nel moto muscolare".
La prima edizione del Commentario perviene all’Università di Pavia a Don Bassiano Carminati, che vi insegna Terapeutica Generale, Materia Medica e Farmacologia. Questi la fa conoscere ad Alessandro Volta il quale, con grande entusiasmo inizia gli esperimenti il 24 marzo 1792.
Questa data segna l’avvio di una serrata corrispondenza tra le due Università, ma la collaborazione iniziale sfocia ben presto nella lunga e celebre polemica scientifica.
Il 3 aprile, Carminati scrive a Galvani informandolo che le esperienze eseguite da Volta hanno evidenziato la grande sensibilità della rana come rivelatore di elettricità e dimostrato che l’elettricità animale è negativa all’interno del muscolo.
Il 5 aprile Carminati manda una copia della lettera a Volta ed accenna alle esperienze fisiche da farsi in comune.
Nella "Memoria prima sull’elettricità animale" letta nell’Aula dell’Università di Pavia il 5 maggio, Volta approva la teoria di Galvani.
Il 14 maggio, nella "Memoria seconda sull’elettricità animale", Volta conferma il fenomeno, già osservato da Galvani, dell’arco bimetallico, ed afferma che "….onde eccitare a nostra posta le convulsioni nell’animale intiero …dette armature siano di metalli diversi, una cioè di stagno o piombo, l’altra d’argento o d’oro, d’ottone o di ferro. Questa diversità di metalli richiedesi assolutamente."
Volta, nella "Memoria terza sull’elettricità animale" del 24 novembre, scritta in forma di lettera ad Aldini, afferma "…che basta che il nervo solo venga stimolato da esso fluido, il quale ne attraversi anche solo un brevissimo tratto, perché eccitata di tal nervo l’azione, produca egli poi da sé (in qual modo confessiamo pure di non saperlo) la contrazione del muscolo soggetto:"
Galvani, pur ammettendo l’importanza dell’arco bimetallico non vuole mai riconoscere l’essenzialità, neppure dopo gli esperimenti di Volta.
Ma, ormai, tra le due Università è scontro aperto, tanto che a Bologna sorge un’apposita Società, fondata da Aldini, allo scopo di combattere le idee di Volta, ed a Pavia ne sorge un’altra con lo scopo di demolire le ricerche di Galvani. L'Europa stessa si divide in due fazioni: l'una per il Volta, l'altra per il Galvani.
Come detto, Volta impugna l'ipotesi del Galvani nel 1792. Egli dapprima aderisce alle idee del Galvani, poi se ne discosta. Dopo i primi dubbi sull'elettricità animale, risalenti all'estate dello stesso anno, ripetendo gli esperimenti non solo su rane, ma su numerose specie di animali giunge alla certezza che i moti di contrazione si verificano solo al contatto di due metalli diversi. La rana non è che la conduttrice fra i metalli. Varia gli animali e varia i metalli. Osserva che le contrazioni hanno luogo a condizione che l'animale sia toccato da un arco bimetallico.

Alla fine del 1792 pubblica un articolo sul Giornale Scientifico di Lipsia, nel quale, parlando dell'elettricità animale, pone in rilievo che i fenomeni convulsivi hanno la loro causa in una elettricità artificiale, non animale, che si produce con il contatto dei metalli e particolarmente dello stagno e dello zinco, col carbone.
Volta dice inoltre di aver suddiviso i metalli, ad esempio il rame, il ferro, il piombo, l'argento, lo stagno, lo zinco, il mercurio, l'antimonio, l'arsenico, il cobalto, il bismuto, il nickel, il manganese, il tungsteno, in buoni conduttori o meno di elettricità.

Negli anni 1783, 1785, 1792 esamina la dilatazione dell’aria e dei gas ed enuncia la Legge sulla dilatazione uniforme dell’aria atmosferica e ne determina con precisione il coefficiente pari a 0,00354, prevenendo di ben nove anni il chimico e fisico francese Joseph-Louis Gay-Lussac.

1794
Il 22 settembre 1794 Volta sposa Donna Maria Alonsa Teresa Peregrini. Dal matrimonio nascono tre figli: Zanino, Flaminio e Luigi.

Tra il 1793 ed il 1795 Volta studia la dilatazione e l’elasticità dei vapori, e enuncia le tre Leggi sulla tensione dei vapori prevenendo di ben 6 anni il chimico inglese John Dalton.
Nella lettera del 1794 all’abate Anton Maria Vassalli-Eandi afferma senza dubbi che la forza elettromotrice è provocata dal contatto fra metalli e corpi umidi, e sostiene che gli organi degli animali sono passivi e si comportano come degli elettroscopi.
Volta a Pavia, a Como, a Campora non può fare a meno di approfondire i suoi studi su quella che continua ad essere chiamata elettricità animale o Galvanica.
Egli lega e seziona i nervi delle cavie, usa muscoli e nervi tolti da animali diversi ed osserva che, anche in queste condizioni, le contrazioni hanno luogo. Galvani opera solo sulle rane, inoltre non ha preso in considerazione che l'elettricità è metallica, causata cioè dai metalli che usa nel corso dei suoi esperimenti, anzi che animale.
Conclude affermando che il metallo non solo è conduttore, ma anche incitatore del fluido elettrico. Sottopone a tale esperimento tutte le altre sostanze, distinguendo quelle incitatrici da quelle che sono soltanto conduttrici.
Dispone poi le sostanze incitatrici e i metalli in una Ia classe chiamata classe dei conduttori secchi o di prima specie, e dopo aver determinato il grado del fluido elettrico, li dispone in scala partendo dal più debole al più forte.
Tutte le sostanze non metalliche o propriamente umide, chiamate conduttrici ma non motrici, le riunisce in una IIa classe detta classe dei conduttori umidi o di seconda specie. Dice quindi che tre sono i tipi di contatto che suscitano l'elettricità.
Primo modo: uno o più conduttori umidi di IIa classe interposti tra due metalli o conduttori di Ia classe o secchi e di diversa natura;
Secondo modo: un conduttore di Ia classe (secco) frapposto a due conduttori di IIa classe (umidi) diversi tra loro e contigui;
Terzo modo: un circolo di tre conduttori tutti di IIa classe (umidi) e diversi tra loro.
Così si oppone al Galvani, il quale chiama elettricità animale la comune elettricità suscitata dal contatto dei metalli usati negli esperimenti. Galvani sostiene che il nervo è attivo nel somministrare l'elettrico, ritenendo che la sostanza midollare dei nervi è conduttrice ed il loro neurilemma (agendo come isolante) impedisce al fluido elettrico di disperdersi lungo il nervo attraverso cui scorre.
Volta afferma invece che il nervo è passivo e diviene semplice conduttore del fluido eccitato dalla forza motrice dei metalli.
Ecco come Galvani sinterizza questa disputa: "Egli [Volta] vuole questa elettricità la stessa che quella comune a tutti i corpi; io, particolare e propria dell’animale: egli pone la causa dello sbilancio negli artifizi che si adoprano, e segnatamente nella differenza dei metalli; io, nella macchina animale: egli stabilisce tal causa accidentale ed estrinseca; io, naturale ed interna: egli in somma tutto attribuisce ai metalli, nulla all’animale; io, tutta a questo, nulla a quelli, ove si consideri il solo sbilancio".

1796
Nell'agosto del 1796 Volta scrive tre lettere "Sull'elettricità eccitata dal contatto dei conduttori dissimili" inviate al professor Friedrich Albrecht Karl Gren di Halla. Queste lettere sono pubblicate negli Annali di Chimica del Brugnatelli nel 1797.
La disputa tra Pavia e Bologna, tra Galvani e Volta, poi con l'Aldini strenuo sostenitore delle teorie Galvaniane dopo la morte di costui, è mantenuta viva dalla scuola di Bologna, i cui rappresentanti fanno di tutto per avere la palma arricchendo con tale contesa di continue e nuove scoperte la scienza.
Ancora oggi, dopo due secoli, si può porre la domanda: Chi aveva ragione? Volta o Galvani?
Il Volta ha ragione, ebbe gli onori del trionfo, un anno dopo la morte di Luigi Galvani.
Ma poiché sappiamo oggi che l’elettrone è nella materia, e quindi anche nella nostra carne, si può affermare a buon diritto che anche il Galvani aveva ragione.
Dai manoscritti dello scienziato bolognese risulta che Galvani, studiando l’elettricità animale, scoprì l’effetto a distanza delle scariche di una macchina elettrostatica sui muscoli e sui nervi di rane scorticate. Il Galvani, che era medico e non fisico, non si accorse allora che in questo effetto a distanza, si rivelava già la Teoria di Maxwell (1873) sulla propagazione di onde elettromagnetiche nello spazio, confermata poi nel 1886 dal fisico Hertz. Il Volta colse subito l’aspetto essenziale del fenomeno; ma non poteva concepire l’impiego delle onde elettromagnetiche quando ancora non esistevano quei generatori di corrente e di radiazioni creati dopo le sue invenzioni.
Alessandro Volta dimostrò che l’effetto elettrico dipendeva dall’arco bimetallico. Ma Luigi Galvani dimostrò anche l’esistenza di un’elettricità puramente animale.
Volta giunge alla scoperta della Pila, dopo continue sperimentazioni, spinto anche dal desiderio di dimostrare sempre più ampiamente e chiaramente l'esistenza di un'unica elettricità, respingendo fermamente l'affermazione del Galvani, secondo il quale esiste un'elettricità propria degli animali.
Non si pensi però che Galvani l’abbia indirizzato sulla giusta strada, piuttosto gli procurò una enorme perdita di tempo e di energie con quel suo produrre continue ed inesistenti obiezioni.
Volta incomincia a intuire che, se avesse predisposto tanti contatti metallici, il fenomeno elettrico sarebbe cresciuto in modo proporzionale all'aumento dei medesimi contatti metallici e tutto il potenziale elettrico che viene posto in libertà ad ogni contatto si sarebbe raccolto e manifestato in uno solo.
Predispone coppie di dischi di rame e zinco e per far convergere in un solo punto l'elettricità dei contatti fa in modo che, fra una coppia e l'altra, vi sia un mezzo di comunicazione, in modo che il fluido potesse passare attraverso di esso per la proprietà incitatrice dei metalli e venga a concentrarsi nei punti estremi dei vari contatti e qui rendersi palese "in sommo grado".

1799
Sul finire di dicembre del 1799, idea ed attua un apparato costituito da molte di queste coppie metalliche sovrapposte in forma di colonna ed interpone dei dischetti di cartoncino od altra sostanza di seconda classe imbevuti d'acqua salata o acidulata o di altro umore, nella quale una estremità termina con dello zinco e l’altra con del rame. Tra queste due estremità si sviluppa una discreta elettricità che si protrae nel tempo e che si manifesta con piccole scintille ogni volta che si mettono a contatto dette estremità del sistema o sotto forma di forti scosse se si toccano dette estremità. In una coppia di dischetti, uno di rame e l'altro di zinco, se le due superfici combacianti sono bagnate con acqua salata o con una soluzione di acido (es. solforico), si sviluppa una differenza di potenziale di circa 0.75 volt, in realtà dovuta ad una reazione chimica.
Pur occupandosi dei fenomeni elettrochimici associati alla pila, Volta non riusciva ad inserirsi nei dibattiti con la forza dirompente dei tempi passati. Egli rifiutava in particolare l'interpretazione elettrochimica del funzionamento dell'apparecchio, che localizzava la fonte della corrente prodotta nelle reazioni chimiche osservate tra i metalli e i conduttori umidi contigui. La convinzione che egli si era formato sulla debolezza delle azioni elettromotrici tra conduttori metallici e umidi rispetto a quelle tra i conduttori metallici fu plausibilmente la causa principale della sua totale contrarietà all'interpretazione elettrochimica della pila.
È così nata la più geniale delle invenzioni, l’ "Apparato scuotente" ovvero la Pila, così poi denominata per la sua forma caratteristica.
La mirabile cosa, nel pensiero di Volta, non è tanto la virtù della Pila di mettere in moto l’elettricità, al pari di una rumorosa macchina elettrostatica, quanto la copia del torrente che essa rende manifesto.
L’inconveniente di questo sistema sta nel fatto che in relativamente breve tempo si essiccano i dischetti imbevuti, compromettendo la sommatoria del fluido elettrico. Volta risolve l’inconveniente con il sistema detto a Corona di Tazze.

1800
Quando Volta fu ben sicuro del funzionamento della sua pila, il 20 marzo 1800 scrive una lettera a Sir Joseph Banks, Presidente della Royal Society di Londra nella quale descrive dettagliatamente questa sua mirabile invenzione ed un ampio resoconto dei più importanti esperimenti eseguibili con essa. Ciò voleva dire far conoscere al mondo intero questa sua importantissima invenzione. Con questa invenzione Volta ha scoperto la corrente elettrica a flusso continuo, ossia dinamica, scoperta che ha letteralmente cambiato la faccia del mondo rendendo più sicura, agiata e meno faticosa la nostra vita.

1801
Il 1° settembre 1801 Volta e Brugnatelli partono da Como con destinazione Parigi. Incontrano illustri scienziati e Volta, in più sedute espone le sue teorie.
Il 7 novembre si apre l'adunanza dei membri dell'Istituto di Scienze. Bonaparte e Laplace fanno domande, chiedono spiegazioni. Il Primo Console vuole toccare gli strumenti di Volta e resta stupito nell'osservare le scomposizioni chimiche. L’impressione che Bonaparte ne riceve è tale, che colma d’elogi il celebre Fisico e propone, seduta stante, che gli venga decretata una medaglia d’oro; indi egli stesso improvvisa un discorso sulle diverse forme della pila.
Il 12 novembre alle ore 5 pomeridiane si riunisce di nuovo l'Accademia, per ascoltare la seconda parte della Memoria. Dopo tale lettura Napoleone vuole vedere gli sperimenti con la pila. Volta usa una Pila costituita da 88 coppie metalliche, produce scosse fortissime e grandi scintille, fonde un filo d'acciaio. Usando le scintille della Pila fa sparare la sua Pistola ad aria infiammabile, ottiene poi la scomposizione dell'acqua.

1804
L'8 febbraio 1804 l'Istituto Nazionale di Francia invia a Volta la medaglia d'oro propria di ciascun membro.

1805
Con decreto del 25 agosto 1805 il Fisico Comasco viene nominato Cavaliere della Legion d'Onore e Bernard Lacépède gli manda l’insegna dell’Aquila.
Napoleone invia le insegne e la spada al Viceré Beauharnais, il quale nella Basilica di S. Ambrogio in Milano, con cerimonia civile e religiosa, consegna a Volta le insegne e gli appende al fianco la spada dell'imperatore. Ha anche il nastro rosso moire con medaglia a stella.

1806
Napoleone, il primo maggio 1806, ascrive il Volta nel numero dei Cavalieri dell’Ordine Reale Italiano della Corona di Ferro, ed il ministro Marescalchi ne dà comunicazione diretta allo stesso Volta, mentre il Tesoriere dell’Ordine Antonio Aldini gli dichiara aperto il pagamento del relativo onorario con decreto del 7 giugno.

1809
Nel 1809 è creato Senatore del Regno da Napoleone e da quell’anno sino al 1814 Volta vive a Milano perché è Senatore e perché in quella città studiano i figli.
 
1810
Conte Alessandro VoltaL'11 ottobre 1810, con decreto sottoscritto da Napoleone e da Francesco Melzi, Volta viene creato Conte, con titolo trasmissibile alla sua discendenza diretta legittima e adottiva di maschio in maschio per ordine di primogenitura. Lo stemma comitale (nella foto) è diviso in 4 quarti.









1814

Il 20 aprile 1814, nel tumulto politico di Milano, terminato con lo strazio del ministro Giuseppe Prina e col ritorno degli Austriaci, Alessandro Volta può a stento uscire salvo dall’aula senatoriale. Montando in carrozza viene fatto oggetto a contumelie, pugni, sputi, puntate d’ombrello, venendo segnato a dito come partigiano di Francia. Trova riparo, a Mosino nelle vicinanze di Como, presso l’amico Gian Battista Mugiasca, dove, per alcun tempo, vive nascosto.

1816
Vincenzo Antinori di Firenze, nel 1816, raccoglie le opere di Volta e le fa stampare in cinque tomi, dedicandole al Granduca di Toscana Ferdinando III e fa porre in fronte al I tomo un ritratto di Volta inciso da Raffaele Morghen.

1819
Volta si ritira a vita privata, nel 1819, dividendo la sua meritata e gloriosa pace fra Como e Campora.

1823
Il 28 luglio 1823 Volta si trova con la sola compagnia della moglie nella tranquilla quiete della sua famiglia; i figli sono usciti e l’oramai venerando anziano elude le noie dell’età ricambiando con donna Teresa ameni e placidi colloqui, quando ella si accorge che egli balbetta e che la parola non gli esce intera dalle labbra.
Purtroppo, è colpito da un leggero attacco apoplettico. La premurosa moglie si slancia fuori, chiama il primo in cui s’imbatte e lo manda in cerca di un medico. Questi, come era consuetudine in quei tempi, gli pratica subito un salasso che riesce efficace, tanto che il Volta può conservare per quattro anni ancora le energie vitali. Merito particolarissimo della sua forte fibra e della vita moderata e temperante, che gli hanno preparata una robusta vecchiaia.
"È il sonaglio della Morte, che suona per la prima volta" dice, il celebre Fisico, agli amici che si recano a congratularsi per lo scampato pericolo.

1826
Nell’ottobre del 1826 lo coglie l’itterizia che, anche se benigna, è ostinata. Anche di questa guarisce, ma lo strascico lasciato dalla malattia è un indebolimento generale che debilita sempre più la sua forte fibra.
Da alcuni mesi egli si trova obbligato al letto sia per la malferma salute come dalla rigida stagione, quando una lenta febbre insorge a minacciare la sua preziosa vita. Ai soccorsi medici succedono i conforti della religione.

1827
Ai primi di marzo del 1827, nella sua casa in Como, i famigliari e gli amici si avvedono che la morte non può tardare; e il Volta l’attende con la serenità del giusto.
É la notte del 5 di marzo; sono le tre del mattino; la morte lo coglie, già preparato cristianamente all’estremo trapasso. In quello stesso giorno spira a Parigi un altro grande scienziato e già suo compagno di studi: Pierre-Simon marchese di Laplace, celebre matematico ed astronomo, quattro anni minore di lui, scopritore della legge del moto degli astri.
Si conclude così a ottantadue anni e sedici giorni una vita dedicata intensamente agli studi, all’insegnamento, alla politica, alla famiglia e alla sua Como, entrando con tutti gli onori nell’immortalità della storia dell’uomo.

 
 
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